L’apparato gastrointestinale è l’habitat umano maggiormente esposto all’ambiente esterno con una superficie globale di 200 m2.
Ogni giorno, migliaia di microorganismi e composti derivati dalla digestione entrano in contatto con esso.
Questa condizione richiede un complesso sistema di difesa in grado di separare il contenuto intestinale dai tessuti dell’ospite, regolare l’assorbimento dei nutrienti e permettere l’interazione tra la flora microbica residente e il sistema immune mucosale, inibendo la traslocazione degli agenti patogeni nei tessuti sottostanti: la barriera intestinale (1).
In particolare la barriera intestinale è un’unità funzionale, organizzata come un sistema a più strati, in cui è possibile riconoscere due parti principali:
- barriera fisica superficiale, che previene l’adesione batterica e regola la diffusione paracellulare verso i tessuti dell’ospite sottostanti
- barriera funzionale più profonda, che è in grado di discriminare tra i microorganismi commensali e quelli patogeni, organizzando la tolleranza immunologica verso i commensali e la risposta immune verso i patogeni.
Inoltre, esistono anche altri meccanismi intestinali luminali che partecipano all’integrità della barriera intestinale.
Il basso pH del succo gastrico è battericida.
Questo elemento, per esempio, agisce contro gli agenti infettivi. Mentre gli enzimi pancreatici sono capaci di danneggiare la barriera cellulare batterica.
La barriera superficiale inizia dal microbiota residente che compete con i patogeni per guadagnarsi spazio e risorse energetiche, elabora le molecole necessarie all’integrità mucosale e modula il comportamento immunologico della barriera profonda.
Il livello successivo è rappresentato dallo strato di muco, che separa il contenuto endoluminale dagli strati più interni e contiene prodotti antimicrobici e IgA secretorie. Al di sotto del muco, è presente uno monostrato di cellule epiteliali intestinali. Questo costituisce una barriera fisica e contiene le cellule immunologiche.
Queste hanno il compito di presentare gli antigeni patogeni alla barriera funzionale inferiore, con lo scopo di elaborare un’adeguata risposta immunitaria (1-3).
La barriera intestinale.
La barriera profonda è rappresentata da una complessa rete di cellule immunologiche, organizzate in un sistema specializzato e compartimentalizzato conosciuto come “gut associated lymphoid tissue” o GALT.
Il GALT è costituito da follicoli linfoidi isolati e aggregati ed è uno dei maggiori organi linfoidi, contenendo fino al 70% delle cellule immunitarie dell’organismo.
È responsabile dello sviluppo della risposta ai microorganismi patogeni e della tolleranza immunologica ai batteri commensali. Un’abilità esplicata grazie alle relazioni fisiologiche con lo strato superficiale e al contatto intimo con l’ambiente esterno attraverso specifiche cellule immunitarie.
Le cellule dendritiche e le cellule-M all’interno delle placche di Peyer.
Queste cellule hanno la capacità di acquisire i microorganismi e le macromolecole e di presentare gli antigeni ai linfociti T, i quali producono le citochine attivando la risposta immunitaria.
L’integrità delle strutture citate è necessaria per il mantenimento della normale permeabilità intestinale. L’alterazione di questo equilibrio determina il passaggio del contenuto luminale verso i tessuti sottostanti e dunque nel circolo sanguigno, con una conseguente attivazione della risposta immunitaria e l’induzione di uno stato flogistico.
L’alterazione della permeabilità è infatti alla base della patogenesi di molte patologie gastroenterologiche e non, tra cui non solo l’enterocolite infettiva e le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), che comprendono la rettocolite ulcerosa (UC) e il morbo di Crohn (CD), ma anche la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), la sindrome da sovra-crescita batterica del piccolo intestino (SIBO), la celiachia, la fibrosi epatica, le intolleranze alimentari e anche le manifestazioni atopiche (1)#.
Determinare il grado di permeabilità intestinale e i meccanismi molecolari alla base dell’integrità della barriera potrebbe diventare un interessante parametro da considerare nella pratica clinica per studiare e, soprattutto, trattare queste patologie.
Modelli in vitro (cellule Caco2 e HT29-MTX) e tecniche in vivo non invasive (sugar tests e test con radioisotopi) rappresentano metodi efficaci per questo tipo di valutazione. La modulazione dei vari componenti della barriera è infine di cruciale importanza per il controllo della permeabilità intestinale (3).
Componenti della barriera intestinale.
- A) Microbiota intestinale
Il nostro intestino, che in condizioni fisiologiche comprende anche miceti e batteriofagi, contiene circa 1 kg di batteri che racchiudono un patrimonio genetico di più di 3 milioni di geni e che hanno una relazione mutualistica con il loro ospite.
Svolgono, infatti, varie funzioni: barriera, sintesi, immunostimolazione, metabolismo di nutrienti, trofismo della mucosa, metabolismo di farmaci e tossine.
Il microbiota collabora in particolare alla digestione dei substrati energetici, alla produzione di vitamine e ormoni, e alla protezione dell’ospite dalle specie patogene # ADDIN EN.CITE # ADDIN EN.CITE.DATA #(2, 4, 5). Infatti, il microbiota è in grado di consumare i nutrienti necessari alla sopravvivenza dei batteri patogeni. Inoltre può produrre molecole che inibiscono la crescita della flora patogena.
Studi hanno dimostrato che Bifidobatteri e Lattobacilli come il Lactonbacillus acidophilus producono sostanze acide battericide, come acido lattico, batteriocine e acidi grassi a catena corta, che sopprimono in modelli animali la crescita della Salmonella Typhimurium. Un recente studio ha dimostrato che un composto formato dai Bacteroides thetaiotamicron ed Eubacterium rectale è capace di indurre la produzione da parte dell’ospite di glicani mucosali.
Questi hanno la particolarità di essere utilizzati esclusivamente da questi due ceppi batterici e non da organismi patogeni, che dunque non vengono messi in grado di proliferare # ADDIN EN.CITE # ADDIN EN.CITE.DATA #(6-9). Queste proprietà sono fondamentali per il mantenimento di un adeguata funzionalità ed efficienza della barriera intestinale.
La microflora enterica è anche capace di produrre sostanze nutrienti per le cellule mucosali: il Bacteroides thetaiotamicron colonizza lo strato di muco più esterno ed è in grado di degradare i peptidi e i glicani, che costituiscono il muco, in modo da produrre SCFA, come il butirrato.
Gli SCFA sono coinvolti nella stimolazione della produzione di muco in modelli in vivo e in vitro:
- nel blocco dell’invasione e aderenza dell’Escherichia coli
- e nell’aumento dei livelli di IgA mucosali totali e patogeno-specifiche # ADDIN EN.CITE # ADDIN EN.CITE.DATA #(3, 10-15).
L’alterazione della microflora è alla base di molte patologie gastrointestinali come la gastrite, l’ulcera peptica, l’IBS, le IBD e anche il cancro gastrico e del colon.
Nelle IBD, per esempio, la concentrazione dei batteri intestinali aderenti agli enterociti è più alta rispetto ai controlli sani e cresce progressivamente con la severità della patologia. Inoltre è stata riscontrata una riduzione della diversità batterica con un aumento delle Enterobatteriacee, incluso l’Escherichia coli, e una marcata riduzione dei Bacteroides e Clostridium.
Questa condizione porta ad una riduzione della crescita e maturazione degli enterociti con un conseguente aumento della permeabilità intestinale (16-20).
- B) Muco intestinale
Il muco è la prima barriera fisica che i batteri incontrano all’interno del tubo digerente. Agisce come scudo per l’epitelio, proteggendolo dai microorganismi e antigeni dannosi, ma anche come agente lubrificante per la motilità intestinale. È costituito da due strati: uno strato interno, fermamente aderente alle cellule epiteliali e di circa 50μm di spessore; e uno strato esterno, più lasso e meno aderente, che è approssimativamente di 100μm di spessore, secondo le misurazioni effettuate negli animali di laboratorio (21)#.
Lo strato mucoso interno è denso e non permette ai batteri di penetrare, rendendo quindi la superficie cellulare epiteliale libera dai batteri. Lo strato di muco interno si tramuta in quello più esterno, che è l’habitat della flora commensale. Il muco esterno si distribuisce su un volume molto ampio grazie alle attività proteolitiche proprie dell’ospite, ma anche fornite dalle proteasi e glicosidasi dei batteri commensali.
Entrambi gli strati di muco sono organizzati attorno alla mucina altamente glicosilata MUC2, che forma un copertura amorfa simil-polimerica e che viene secreta dalle cellule caliciformi. La mucina MUC2 è una molecola che si è preservata lungo l’evoluzione a iniziare dai primi metazoi (22).
Dopo la secrezione, la mucina MUC2 si organizza in una rete idratata ed espansa e forma, dunque, insieme con altre proteine secrete, uno strato mucoso ben organizzato (23). La composizione proteica è simile nei due strati mucosi poiché deriva da una comune sorgente cellulare. La flora microbica fisiologica risiede nello strato di muco più esterno, mentre lo strato più interno è impervio per i batteri e agisce come una barriera protettiva per la superficie epiteliale cellulare.
Questa compartimentalizzazione è fondamentale per l’omeostasi intestinale all’interno di un ambiente colico altamente colonizzato # ADDIN EN.CITE # ADDIN EN.CITE.DATA #(24, 25). L’importanza della barriera mucosa è stata ulteriormente dimostrata negli animali i cui geni codificanti per la MUC2 erano stati deleti.
I batteri, a causa dell’assenza del muco, sono in diretto contatto con le cellule epiteliali, ma anche nella profondità delle cripte intestinali, così come all’interno delle cellule epiteliali. L’aumento della permeabilità intestinale, causata dalla perdita della barriera di muco, determina quindi lo scatenarsi di una reazione infiammatoria e, in seguito, può favorire lo sviluppo di cancro del colon. Inoltre, il muco non svolge solo una funzione di barriera.
Il suo contenuto in glicani, legati alla mucina MUC2, non serve solo come nutrimento per i batteri, ma anche come sito di legame e, probabilmente, anche di selezione di specifiche specie microbiche, che risultano essenziali per il mantenimento dell’integrità, omeostasi e funzionalità intestinale (26-28).
- c) Le cellule epiteliali
L’epitelio intestinale è organizzato in un monostrato di cellule, con uno spessore di solo 20 μm e composto da 5 differenti tipi cellulari: enterociti, cellule endocrine, cellule M, cellule G e cellule di Paneth. Gli enterociti sono il tipo cellulare più rappresentato. Agiscono come una barriera fisica che inibisce la traslocazione del contenuto luminale nei tessuti più interni. Gli enterociti formano una struttura senza soluzioni di continuità. Sono, infatti, connessi da particolari strutture di legame inter-cellulare chiamate giunzioni serrate, caratterizzate da proteine trans-membrana, che interagiscono con le cellule adiacenti e con proteine intracellulari connesse con il citoscheletro (29)#. Nel complesso queste componenti formano una rete complessa e omogenea. Nell’epitelio intestinale sono presenti due tipi principali di giunzioni:
- le giunzioni aderenti (AJs)
- le giunzioni serrate (TJs).
Entrambi i tipi sono formati dalle proteine caderine, claudine e zonuline, presenti in diverse concentrazioni. La regolazione della forza di connessione di queste giunzioni, e quindi della permeabilità della barriera epiteliale, avviene tramite la fosforilazione della miosina e la contrazione dei complessi actina-miosina.
Una loro alterazione aumenta la permeabilità mucosale, causando il passaggio di molecole endoluminali negli strati più profondi, determinando l’attivazione della risposta immunitaria adattativa e portando allo stato infiammatorio # ADDIN EN.CITE # ADDIN EN.CITE.DATA #(3, 30-33). Una condizione osservata specialmente durante l’enterocolite infettiva e le IBD. Nella prima condizione, l’E. coli entero-emorragico (EHEC) e l’E. coli entero-patogeno (EPEC) hanno la capacità di aderire alle cellule epiteliali intestinali e di rompere l’integrità della barriera tramite l’alterazione delle giunzioni serrate.
Nelle IBD, invece, è stata descritta una disfunzione delle proteine AJ, a causa di una riduzione della E-caderina. Questa alterazione determina un indebolimento dell’adesione intercellulare e lo scatenarsi della risposta infiammatoria. Studi recenti hanno dimostrato che elevate concentrazioni di IFN-γ e TNF-α, tipiche della UC e del CD, possono causare una riorganizzazione di numerose proteine che costituiscono le giunzioni serrate come la zonulina-1, la JAM-A, la occludina, la claudina-1 e la claudina-4. Anche in questo caso ciò determina un aumento della permeabilità intestinale. Aumento che è riscontrato pure nell’IBS, specialmente nel sottogruppo dell’IBS a prevalenza diarroica # ADDIN EN.CITE # ADDIN EN.CITE.DATA #(34, 35).
Conseguenze del danno alla barriera intstinale : patologie associate.
L’abilità delle diverse componenti della barriera intestinale di garantire la permeabilità fisiologica anche in presenza delle noxae patogene provenienti dall’ambiente esterno, è essenziale per il mantenimento dello stato di salute. Infatti, venendo meno la protezione garantita dalla barriera intestinale, le cellule immuni vengono in diretto contatto con gli antigeni presenti nel lume intestinale, con conseguente alterazione delle normali funzioni fisiologiche della barriera, tra cui la risposta immunologica ai diversi agenti patogeni (batteri, virus, funghi e parassiti), il riconoscimento degli antigeni “self”, la tolleranza della flora commensale e la desensitizzazione agli antigeni alimentari.
Numerosissime evidenze scientifiche mostrano una rilevante associazione tra patologie gastro- ed extra-intestinali e l’alterazione della permeabilità intestinale. Tra queste sono comprese patologie autoimmuni, tra cui il morbo celiaco, le IBD, il diabete mellito di tipo I, la sclerosi multipla e l’artrite reumatoide; ma anche la cirrosi epatica, la pancreatite acuta, la gastroenterite infettiva e la sindrome da sovra-crescita batterica del piccolo intestino (SIBO). Anche patologie apparentemente non collegate direttamente alla funzionalità della barriera intestinale, come lo scompenso cardiaco o l’autismo, possono determinare un aumento della permeabilità intestinale.
In alcuni casi, come nelle IBD e nella celiachia, l’incremento della permeabilità potrebbe rappresentare il primum movens dello scatenarsi della patologia. In altri, come nella cirrosi epatica, essa determinerebbe il passaggio di antigeni microbici nella circolazione entero-portale con peggioramento della fibrosi epatica e dell’ipertensione portale e conseguente ulteriore aumento della permeabilità (36). Se l’alterazione della funzione di barriera sia un epifenomeno, una precoce manifestazione, o un passaggio essenziale nella patogenesi di queste malattie rimane, tuttavia, da appurare, mentre è dimostrato che un incremento della permeabilità intestinale contribuisce all’esacerbazione e cronicizzazione di queste patologie.
Spesso gli stessi farmaci che portano alla loro risoluzione, anche temporanea, determinano un recupero della permeabilità fisiologica e quindi dell’adeguata omeostasi intestinale (1)#. Le IBD sono un esempio in cui l’incremento della permeabilità intestinale gioca un ruolo centrale nella patogenesi della malattia. In questo caso, l’alterata permeabilità intestinale precede lo sviluppo della patologia, la cui esatta patogenesi rimane sconosciuta ma, sicuramente, coinvolge fattori genetici, immunologici e ambientali che danno inizio al processo autoimmune.
Nei pazienti con morbo di Crohn clinicamente asintomatico, un incremento della permeabilità epiteliale intestinale precede di circa 1 anno il riacutizzarsi della malattia. Ciò suggerisce che un difetto della permeabilità intestinale sia un evento precoce e predittivo dell’esacerbazione clinica della patologia (37). Mentre il difetto primario della barriera intestinale sembra essere coinvolto nelle prime fasi della patogenesi delle IBD, la produzione di citochine, tra cui IFN-γ e TNF-α, secondaria al processo infiammatorio, servirebbe a perpetuare l’incremento della permeabilità intestinale in seguito alla riorganizzazione delle proteine che costituiscono le giunzioni intercellulari.
In questa maniera si verrebbe a creare un circolo vizioso in cui la disfunzione primaria della barriera causerebbe un iniziale passaggio di contenuto luminale, che a sua volta scatenerebbe una risposta immune con il mantenimento di una permeabilità alterata e il cronicizzarsi della malattia (38). In questo ambito, dunque, nuove strategie terapeutiche focalizzate sul recupero della fisiologica funzionalità della barriera intestinale, possono offrire un innovativo approccio per il miglioramento del quadro clinico di queste patologie croniche fortemente debilitanti.
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